Una caduta dopo il mausoleo penalizza il Furetto romagnolo. L’apripista Modolo finisce a terra, il cesenate resta da solo e chiude 7°: Ravenna è di Cavendish. Manuel lancia lo sprint all’altezza del palazzo del re ostrogoto ma gli va male. Peccato perché stavolta la Colnago era tutta per lui
Stavolta il Furetto è rimasto in trappola, vittima della maledizione di Teodorico. Tra il mausoleo e il palazzo del grande sovrano sono svanite le ultime speranze di Manuel Belletti di fare il bis al Giro d’Italia dopo il successo del 2010. E di completare il personale tour della Romagna: primo a Cesenatico nel 2010, primo a Riccione in primavera alla Coppi e Bartali, ma solo settimo ieri a Ravenna. In quei 1200 metri che separano l’ultima dimora del re dal palazzo dove egli ospitava - e qualche volta faceva uccidere pure a tradimento, come nel caso di Odoacre - i notabili dell’epoca, si consuma un dramma sportivo evitabilissimo. Bastava che il finale della Castelfidardo-Ravenna fosse disegnato in maniera un po’ più rispettosa dei corridori. Occorreva anche, come ha fatto capire a chiare lettere il 25enne di Sant’Angelo di Gatteo, che prima del Giro qualche partecipante prendesse lezioni di guida sicura.
Accortezze che probabilmente avrebbero evitato il patatrac sul cavalcaferrovia della Darsena a un chilometro e mezzo dall’arrivo in via di Roma. Chi mastica un po’ di ciclismo già dalla mattina aveva capito che quella curva a sinistra, cieca e stretta, avrebbe creato problemi, giusto per usare un eufemismo. “In questo imbuto cadono”, aveva sentenziato un ex corridore già verso mezzogiorno. Ma nel mondo delle due ruote l’opinione di chi ha avuto l’ebbrezza di attaccarsi un numero dietro la schiena, evidentemente, conta meno di quella degli uomini in camicia linda e cravatta a pois.
Fortuna che nessuno si fa troppo male. Semplicemente uno della Androni finisce lungo - i bookmaker a quel punto avevano chiuso le scommesse per eccesso di puntate - e gli altri gli precipitano addosso. Faccenda poco piacevole e piuttosto dolorosa quando arrivi ai 50 all’ora da un drittone come via Darsena. Il più furibondo è il sudafricano Hunter che bestemmia in ostrogoto all’indirizzo del povero Sacha Modolo, prova a sferragli un pugno e quasi gli lancia la bici addosso. Il veneto, che per una volta si era messo al servizio di Belletti, si rialza e trotterella mesto verso il traguardo con una strisciata di sangue su di una gamba.
Peccato proprio perché, una volta tanto, quelli della Colnago Csf dal Modolo erano passati al Modulo. Finalmente il ds Bruno Reverberi aveva stoppato i due puledrini della scuderia: il purosangue (Belletti) finalmente avrebbe avuto il diritto di precedenza. L’altro gli avrebbe tirato la volata senza saltargli sulla ruota come è successo anche recentemente. Reverberi lo aveva ribadito anche ai microfoni Rai, durante la corsa: “Oggi siamo tutti per Manuel, è un appuntamento troppo importante. Per noi è l’ultima possibilità”. A tavolino era stato deciso che Frapporti, Canuti e, appunto, Modolo avrebbero tenuto coperto il Furetto romagnolo fino ai 300 metri dalla Loggetta lombardesca.
Belletti invece arriva all’altezza del palazzo di Teodorico senza compagni, penultimo di un gruppettino che si è avvantaggiato per il ruzzolone sul ponte. Come nel ’38, un pugno di uomini si gioca la vittoria di Ravenna. Sfilano per circonvallazione rotonda dei Goti tutti accucciati dietro le divise bianco-giallo-nere della Htc. Alla svolta di Porta Serrata s’intravede il baluginio delle lenti a specchio degli occhiali verde ranocchia di Cavendish. E’ la scintilla, gli dei degli antichi goti chiamano a battaglia. La velocità è alta, uscire da ruota è un azzardo. Eppure il cuore di Romagna batte forte: Manuel ci prova ma si pianta quasi subito, il suo sprint non fa male. Davanti viaggiano, eccome. Quando il generoso corridore della Colnago esaurisce le forze, parte Cavendish. A tutta forza. Non ce n’è neanche per Petacchi, qui vincitore nel 2005. L’apripista Renshaw ha fatto un lavoro impeccabile, all’inglese della Htc restano solo gli ultimi 200 metri al vento. Li percorre tenendo fede al soprannome, come una palla di cannone. O, vista la sua fenomenale ascesa dell’Etna, con la forza di un vulcano in eruzione.
ECon
Un libro che racconta 80 anni di tappe a Ravenna. In edicola in abbinamento alla Voce di Romagna il 19 maggio
venerdì 20 maggio 2011
Cavendish: il finale? L'ho studiato su Google maps
L’inglese dribbla le polemiche sulla caduta: tutto previsto a tavolino. Il trionfatore di Ravenna si ritira: “Troppe salite d’ora in poi. Io grasso? Eppure vinco”
E’ forte e ribaldo, questo Mark Cavendish. Ha la sfrontatezza della gioventù e la velocità, nelle gambe come nella lingua. Così a chi gli chiede della caduta sul cavalcaferrovia della Darsena, risponde sfacciatamente sicuro: “Noi della Htc ci studiamo sempre i finali di corsa su Google maps. Sapevamo che c’era una curva secca prima del ponte e così non abbiamo sbagliato. Studiare il percorso rientra nei compiti di noi velocisti”. Quando si vince viene tutto facile, anche un po’ di sbruffoneria, come noto. A ruote ferme il fenomeno dello sprint confessa pure candidamente il ritiro: “Questa è l’ultima tappa per corridori come me, domani vado a casa. Per ora sono stato in maglia rosa ed ho vinto una tappa quindi sono contento. Ora devo preparare il Tour”.
Non manca neanche la polemica a distanza con Mario Cipollini che lo ha accusato di essere un po’ sovrappeso: “Finché vinco vuol dire che sto bene. Meglio arrivare secondi ed essere magri?. Corro da gennaio, non sono superman e non posso essere sempre in forma perfetta”.
Poi scomoda metafore militari per descrivere il lavoro della sua Htc: “Lavoriamo da cinque anni insieme, la squadra è disciplinata e potente come un reggimento”. E quando il generale comanda i sottoposti ubbidiscono: “Il mio pilota Renshaw viene via con me, si ritira anche lui. Dai 600 metri oggi ha fatto un grande lavoro. Petacchi era alla mia ruota ed a suo agio ma ai 200 metri, il momento giusto, ho accelerato ed a quel punto è stata una vittoria facile. Non potevo sbagliare”. No, l’errore, in questo Giro probabilmente lo ha commesso prima: nella salita dell’Etna. Dicono di averlo visto aggrappato all’ammiraglia. Che volesse controllare Google maps sul computer di bordo?
E’ forte e ribaldo, questo Mark Cavendish. Ha la sfrontatezza della gioventù e la velocità, nelle gambe come nella lingua. Così a chi gli chiede della caduta sul cavalcaferrovia della Darsena, risponde sfacciatamente sicuro: “Noi della Htc ci studiamo sempre i finali di corsa su Google maps. Sapevamo che c’era una curva secca prima del ponte e così non abbiamo sbagliato. Studiare il percorso rientra nei compiti di noi velocisti”. Quando si vince viene tutto facile, anche un po’ di sbruffoneria, come noto. A ruote ferme il fenomeno dello sprint confessa pure candidamente il ritiro: “Questa è l’ultima tappa per corridori come me, domani vado a casa. Per ora sono stato in maglia rosa ed ho vinto una tappa quindi sono contento. Ora devo preparare il Tour”.
Non manca neanche la polemica a distanza con Mario Cipollini che lo ha accusato di essere un po’ sovrappeso: “Finché vinco vuol dire che sto bene. Meglio arrivare secondi ed essere magri?. Corro da gennaio, non sono superman e non posso essere sempre in forma perfetta”.
Poi scomoda metafore militari per descrivere il lavoro della sua Htc: “Lavoriamo da cinque anni insieme, la squadra è disciplinata e potente come un reggimento”. E quando il generale comanda i sottoposti ubbidiscono: “Il mio pilota Renshaw viene via con me, si ritira anche lui. Dai 600 metri oggi ha fatto un grande lavoro. Petacchi era alla mia ruota ed a suo agio ma ai 200 metri, il momento giusto, ho accelerato ed a quel punto è stata una vittoria facile. Non potevo sbagliare”. No, l’errore, in questo Giro probabilmente lo ha commesso prima: nella salita dell’Etna. Dicono di averlo visto aggrappato all’ammiraglia. Che volesse controllare Google maps sul computer di bordo?
“Certa gente non deve stare davanti”
Lo sfogo di Belletti dopo il patatrac a 1,5 km dall’arrivo. Ma il cesenate non intende ritirarsi dalla corsa: “Continuo fino a quando ne avrò le forze”. Il solarolese Savini si coccola la maglia verde: “Che emozione vedere parenti ed amici sotto il palco”
Uno è arrivato al traguardo nero dalla rabbia, l’altro fresco e riposato dopo una tappa sfruttata soprattutto per recuperare le energie prima di affrontare le dure salite. La tappa romagnola è stata vissuta in maniera differente da Manuel Belletti e da Filippo Savini, arrivati a casa con umori decisamente diversi. Il Furetto di Gatteo ci ha provato fino all’ultimo ad aggiudicarsi il primo posto, restando a ridosso del gruppo di testa fino a pochi chilometri dal traguardo per poi innescare il turbo in via Di Roma, ma sulla curva del cavalcavia è successo il fattaccio. Una caduta in stile “domino” ha coinvolto il suo compagno Sacha Modolo, contrattempo che non ha permesso a Belletti di riprendere le prime posizioni, pur se la rincorsa ha regalato un settimo posto finale. “Purtroppo ci sono alcuni corridori che nel finale di gara non dovrebbero trovarsi in certe posizioni - chiarisce a fine corsa il ciclista della Colnago Csf Inox -. Ecco perché succedono queste cose. Ho perso posizioni, ho cercato di riprendere il gruppo, ma la velocità era troppo elevata e non sono riuscito a ritornare bene in scia dove volevo. Peccato perché ci avrei tenuto molto a ben figurare davanti ai miei tifosi. Il passaggio a Cesenatico è stato molto emozionante e volevo regalare ai mie fans una grande gioia”. Il futuro purtroppo non è rosa: “Spero di avere altre occasioni per mettermi in mostra, anche se in questo Giro non ce ne saranno più, perché da domani (oggi ndr.) Iniziano le tappe più difficili. La stagione è ancora lunga e cercherò di riscattarmi il prima possibile”. L’ultimo pensiero di Belletti è però quello di mollare. “Voglio continuare questo Giro d’Italia fino a quando ne avrò le forze”. Niente ritiro dunque.
Non certo soddisfatto è anche il “popolo arancione”, quello del suo numeroso fan club, riconoscibile tra il pubblico, perché aveva indosso una maglietta arancione con scritto “Noi mangiamo i cappelletti e tifiamo per Belletti”. “In volata è lecito aspettarsi ogni risultato - spiega il presidente Andrea Pazzaglia - e ciò fa parte del ciclismo. Purtroppo la caduta ha influenzato la prestazione di Manuel, perché se anche nell’ultimo tratto ha tentato di rientrare in corsa rimontando posizioni, non è semplice recuperare terreno ad atleti come Cavendish. Siamo comunque contenti dell’accoglienza che gli abbiamo riservato a Cesenatico, con striscioni e cori, creando una bella festa, perché il ciclismo deve essere vissuto in questa maniera. Sarà per la prossima volta. Forse quest’anno le aspettative erano migliori rispetto alla scorsa stagione, ma noi siamo arrivati per tifare Manuel e saremo sempre con lui indipendentemente dai risultati. Lo seguiremo ovunque, vicino e lontano da casa, per portare in alto il nome della Romagna e per non fargli mai mancare il nostro affetto”.
Di umore differente è invece Filippo Savini, immune da ogni attacco alla sua maglia Verde. Niente Gpm e casacca salva. Il primato però da oggi inizia a scottare, perché le tappe diventeranno sempre più dure e la concorrenza per strapparglielo ancora più agguerrita. “Questa tappa è stata di trasferimento - spiega il solarolese della Colnago Csf Inox - e spero sia servita per recuperare le forze, perché da adesso in poi non sono più concessi errori e non si più sbagliare. Spero di tenere questa maglia il più possibile, perché ormai mi ci sono davvero abituato”. Indimenticabile è stata anche la festa coi suoi tifosi, accorsi sotto il palco durante la consegna della maglia del miglior scalatore e i tanti autografi che ha firmato vicino al pullman della squadra: ”L’accoglienza è stata delle migliori e devo dire che ho provato davvero tante emozioni quando ho visto vicino al palco tanti amici e parenti che mi hanno incitato e applaudito. Anche per loro farò di tutto per indossare questa maglia ancora a lungo”.
Luca Del Favero
Uno è arrivato al traguardo nero dalla rabbia, l’altro fresco e riposato dopo una tappa sfruttata soprattutto per recuperare le energie prima di affrontare le dure salite. La tappa romagnola è stata vissuta in maniera differente da Manuel Belletti e da Filippo Savini, arrivati a casa con umori decisamente diversi. Il Furetto di Gatteo ci ha provato fino all’ultimo ad aggiudicarsi il primo posto, restando a ridosso del gruppo di testa fino a pochi chilometri dal traguardo per poi innescare il turbo in via Di Roma, ma sulla curva del cavalcavia è successo il fattaccio. Una caduta in stile “domino” ha coinvolto il suo compagno Sacha Modolo, contrattempo che non ha permesso a Belletti di riprendere le prime posizioni, pur se la rincorsa ha regalato un settimo posto finale. “Purtroppo ci sono alcuni corridori che nel finale di gara non dovrebbero trovarsi in certe posizioni - chiarisce a fine corsa il ciclista della Colnago Csf Inox -. Ecco perché succedono queste cose. Ho perso posizioni, ho cercato di riprendere il gruppo, ma la velocità era troppo elevata e non sono riuscito a ritornare bene in scia dove volevo. Peccato perché ci avrei tenuto molto a ben figurare davanti ai miei tifosi. Il passaggio a Cesenatico è stato molto emozionante e volevo regalare ai mie fans una grande gioia”. Il futuro purtroppo non è rosa: “Spero di avere altre occasioni per mettermi in mostra, anche se in questo Giro non ce ne saranno più, perché da domani (oggi ndr.) Iniziano le tappe più difficili. La stagione è ancora lunga e cercherò di riscattarmi il prima possibile”. L’ultimo pensiero di Belletti è però quello di mollare. “Voglio continuare questo Giro d’Italia fino a quando ne avrò le forze”. Niente ritiro dunque.
Non certo soddisfatto è anche il “popolo arancione”, quello del suo numeroso fan club, riconoscibile tra il pubblico, perché aveva indosso una maglietta arancione con scritto “Noi mangiamo i cappelletti e tifiamo per Belletti”. “In volata è lecito aspettarsi ogni risultato - spiega il presidente Andrea Pazzaglia - e ciò fa parte del ciclismo. Purtroppo la caduta ha influenzato la prestazione di Manuel, perché se anche nell’ultimo tratto ha tentato di rientrare in corsa rimontando posizioni, non è semplice recuperare terreno ad atleti come Cavendish. Siamo comunque contenti dell’accoglienza che gli abbiamo riservato a Cesenatico, con striscioni e cori, creando una bella festa, perché il ciclismo deve essere vissuto in questa maniera. Sarà per la prossima volta. Forse quest’anno le aspettative erano migliori rispetto alla scorsa stagione, ma noi siamo arrivati per tifare Manuel e saremo sempre con lui indipendentemente dai risultati. Lo seguiremo ovunque, vicino e lontano da casa, per portare in alto il nome della Romagna e per non fargli mai mancare il nostro affetto”.
Di umore differente è invece Filippo Savini, immune da ogni attacco alla sua maglia Verde. Niente Gpm e casacca salva. Il primato però da oggi inizia a scottare, perché le tappe diventeranno sempre più dure e la concorrenza per strapparglielo ancora più agguerrita. “Questa tappa è stata di trasferimento - spiega il solarolese della Colnago Csf Inox - e spero sia servita per recuperare le forze, perché da adesso in poi non sono più concessi errori e non si più sbagliare. Spero di tenere questa maglia il più possibile, perché ormai mi ci sono davvero abituato”. Indimenticabile è stata anche la festa coi suoi tifosi, accorsi sotto il palco durante la consegna della maglia del miglior scalatore e i tanti autografi che ha firmato vicino al pullman della squadra: ”L’accoglienza è stata delle migliori e devo dire che ho provato davvero tante emozioni quando ho visto vicino al palco tanti amici e parenti che mi hanno incitato e applaudito. Anche per loro farò di tutto per indossare questa maglia ancora a lungo”.
Luca Del Favero
mercoledì 18 maggio 2011
Da Ravennaedintorni.it
Ciclismo
Arriva il giro d'Italia in città
Uomini e aneddoti di questa terra
in un libro
Il faentino Ortelli è il ciclista vivente più anziano ad aver indossato la rosa
La più giovane e la più vecchia maglia rosa del Giro d’Italia avranno qualcosa in comune da domani: Ravenna. L’arrivo ravennate in via di Roma della dodicesima tappa infatti decreterà il leader di classifica in carica mentre il 90enne ravennate Vito Ortelli è il ciclista vivente che per primo la indossò. Era il 1946. C’è anche Ortelli tra i personaggi che popolano il libro Ravenna capitale del Giro di Emanuele Conti in edicola proprio domani.
Il libro – scritto da un 39enne tifoso di Moser che associa il primo ricordo del ciclismo alle biglie da spiaggia con i corridori e al pianto nel 1979 quando Battaglin cade in volata e perde il campionato del mondo – ricostruisce il legame della città con la corsa rosa attraverso le sette tappe finora arrivate nel comune (cinque in città, due sulla costa) ma anche attraverso le storie e gli aneddoti degli uomini che partendo da questa terra con la bici, molte volte proprio nel senso fisico del termine, hanno saputo ritagliarsi un frammento nella storia delle due ruote a pedali.
Prendete uno come Doro Morigi, un altro 90enne di ferro stile Ortelli. Nel 1938 venne convocato a un raduno della nazionale dilettanti. Per il ciclista di Campiano fu anche l’ultimo ritiro: la federazione capì presto che i raduni facevano male a Doro. In una settimana ingrassò cinque chili: «Venivo da una famiglia molto povera dove si mangiava poco – ha raccontato lui stesso la scorsa settimana alla serata di presentazione del libro a Casa Melandri – e quando arrivai là trovai ogni ben di dio a tavola».
Cosa dire di Giuseppe “Pipaza” Minardi? Un altro ravennate che ha lasciato il segno al Giro. Nel 1955 quando la corsa arrivò a Cervia fu lui il primo sul traguardo.
Ma nel libro di Conti, giornalista de La Voce di Romagna ma soprattutto appassionato di ciclismo e cicloamatore a sua volta, non ci sono solo gli eroi. Perché, come dice l’autore, la vita di molti ciclisti assomiglia a una tappa dolomitica: repentine salite e drastiche discese. Guardate Angelo Miserocchi da Santerno: nel 1956 come dilettante abbatte il record del Ghisallo, salita lombarda dominata da un certo Fausto Coppi. Tutti si aspettano il suo boom tra i professionisti ma una forma di diabete gli toglie il sellino da sotto il sedere e gli lascia una vita da operaio alla Gallignani.
E Gian Paolo Mondini? Lui da Fusignano arrivò a vincere una tappa del Tour de France nel 1999. Fu compagno di Pantani e Armstrong. Quando chiuse la carriera si mise a studiare: ora ha una laurea in psicologia e assicura che le gare si possono vincere anche solo con la testa.
Infine da Ravenna arriva anche l’unico ciclista capace di vincere un Giro arrivando ultimo. Nel 2002 il faentino Eddy Serri conquistò la maglia nera ma in quanto compagno di squadra di Savoldelli fu anche vincitore.
Prendete uno come Doro Morigi, un altro 90enne di ferro stile Ortelli. Nel 1938 venne convocato a un raduno della nazionale dilettanti. Per il ciclista di Campiano fu anche l’ultimo ritiro: la federazione capì presto che i raduni facevano male a Doro. In una settimana ingrassò cinque chili: «Venivo da una famiglia molto povera dove si mangiava poco – ha raccontato lui stesso la scorsa settimana alla serata di presentazione del libro a Casa Melandri – e quando arrivai là trovai ogni ben di dio a tavola».
Cosa dire di Giuseppe “Pipaza” Minardi? Un altro ravennate che ha lasciato il segno al Giro. Nel 1955 quando la corsa arrivò a Cervia fu lui il primo sul traguardo.
Ma nel libro di Conti, giornalista de La Voce di Romagna ma soprattutto appassionato di ciclismo e cicloamatore a sua volta, non ci sono solo gli eroi. Perché, come dice l’autore, la vita di molti ciclisti assomiglia a una tappa dolomitica: repentine salite e drastiche discese. Guardate Angelo Miserocchi da Santerno: nel 1956 come dilettante abbatte il record del Ghisallo, salita lombarda dominata da un certo Fausto Coppi. Tutti si aspettano il suo boom tra i professionisti ma una forma di diabete gli toglie il sellino da sotto il sedere e gli lascia una vita da operaio alla Gallignani.
E Gian Paolo Mondini? Lui da Fusignano arrivò a vincere una tappa del Tour de France nel 1999. Fu compagno di Pantani e Armstrong. Quando chiuse la carriera si mise a studiare: ora ha una laurea in psicologia e assicura che le gare si possono vincere anche solo con la testa.
Infine da Ravenna arriva anche l’unico ciclista capace di vincere un Giro arrivando ultimo. Nel 2002 il faentino Eddy Serri conquistò la maglia nera ma in quanto compagno di squadra di Savoldelli fu anche vincitore.
lunedì 16 maggio 2011
Le immagini dei Campioni del Giro...
Questo album ripercorre la storia del Giro d'Italia attraverso le immagini dell'archivio fotografico di Emanuele Sirotti. Clicca sul link qui sotto per vederlo
Campioni del Giro
venerdì 13 maggio 2011
Presentazione del Libro a Casa Melandri
Giovedì 12 maggio presentazione del libro a Casa Melandri, a Ravenna. Nella foto (da sinistra a destra): il professor Giovanni Zaccherini, cultore delle tradizioni romagnole, esperto di ciclismo e premio Guidarello per il giornalismo d'autore, nonché autore della prefazione del libro; Gian Paolo Mondini, vincitore della tappa di Futuroscope al Tour de France 1999; Eddy Serri, primo al Giro di Romagna del 2007 e 'maglia nera' al Giro d'Italia 2002; Renato Laghi, trionfatore nella tappa di San Pellegrino Terme del Giro del '77 dopo 200 km di fuga; Guido Neri, vincitore della prima edizione del Trofeo Laigueglia, nel 1964; Doro Morigi, pioniere del ciclismo a Ravenna, più volte azzurro tra i dilettanti prima della Seconda guerra mondiale; l'autore; l'assessore comunale allo Sport, Pericle Stoppa; Vito Ortelli, dal 25 aprile 2011 la maglia rosa più vecchia nella storia del Giro; Noemi Piolanti, dirigente del Comune di Ravenna; Angelo Miserocchi, detentore per 50 anni del record della scalata del Ghisallo; Giuseppe 'Pipaza' Minardi, sei vittorie al Giro d'Italia e un Giro di Lombardia in carriera.
lunedì 9 maggio 2011
Punzonatura
Questo libro vuole celebrare il ritorno del Giro d’Italia a Ravenna. Dopo sei anni di assenza, la carovana farà di nuovo tappa nella città dei mosaici giovedì 19 maggio 2011. La prima volta fu nel 1931 con la vittoria di Learco Guerra dopo un duello con Alfredo Binda all’interno del velodromo dei giardini pubblici, successivamente smantellato. Da allora, e prima dello sprint di Alessandro Petacchi in via di Roma del 16 maggio 2005, il Giro è tornato a Ravenna altre tre volte. Nel 1938 con il successo di Cino Cinelli all’ippodromo; nel 1955 con una combattuta cronometro - con traguardo sempre nell'impianto della Darsena - nella quale Fausto Coppi fu battuto per soli 11” da Pasqualino Fornara e nel 1972 quando davanti alla Loggetta Lombardesca Marino Basso e Franco Bitossi cominciarono il lungo duello che li avrebbe portati al drammatico epilogo dei mondiali di Gap di qualche mese più tardi. Negli anni ‘60 ci fu la parentesi sul litorale con gli arrivi di Marina di Ravenna (1964) e Marina Romea (1968). In entrambi i casi si imposero dei comprimari al termine di fughe coraggiose: il trevigiano Pietro Zoppas prima e il ciociaro Luigi Sgarbozza poi. All'interno del volume, i cui titoli dei capitoli rimandano ad una corsa a tappe, alcuni personaggi del ciclismo ravennate - dal ‘decano’ Doro Morigi all’ex gregario di Marco Pantani e Lance Armstrong, Gian Paolo Mondini, passando per Angelo Miserocchi e Vito Ortelli - raccontano il ciclismo, i campioni e le edizioni del Giro d’Italia della loro epoca. Arnaldo Pambianco, invece, rievoca i 50 anni dalla sua vittoria nella corsa rosa.
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